Questa mattina presso L’auditorium Parco della Musica si è svolta la conferenza stampa del film Posti in piedi in paradiso, ultima fatica dell’attore e regista Carlo Verdone, che “profeticamente” cade a trent’anni esatti dall’uscita di Borotalco, suo primo film. Prodotto da Aurelio De Laurentiis & Luigi De Laurentiis e distribuito, naturalmente, da Filmauro, il film, che uscirà nelle nostre sale il prossimo 2 marzo, vede tra gli interpreti insieme allo stesso Verdone, Pierfrancesco Favino, Marco Giallini, Micaela Ramazzotti, Diane Fleri e Nicoletta Romanoff. Scritto da Verdone a sei mani insieme a Pasquale Plastino e Maruska Albertazzi, il film racconta le vicissitudini di tre mariti separati e costretti in una vita, lavorativamente e sentimentalmente, precaria.
Il registro comico verdoniano ritrova la sua “antica” vitalità, ma forse è nelle parti più “tragiche” a dimostrare una vera maturità registica. “Per Posti in piedi in paradiso ho usato il tema degli uomini divorziati, con tutte le problematiche legate alle ex-moglie e ai figli, per raccontare di tutte quelle persone che nel nostro Paese non riescono ad arrivare alla fine del mese. Questo problema io lo considero una vera e propria emergenza sociale; sono quella che io definisco una nuova categoria di poveri. Raccontare queste problematiche attraverso il registro della commedia è, secondo me, il modo migliore per mettere a fuoco la drammaticità della realtà. Questo film io lo definirei una tragi-commedia, laddove il comico evidenzia quello che ci circonda molto meglio del drammatico”, ci dice il regista. A questo proposito il regista continua dicendo: “per ottenere il miglior risultato quello che serve è l’equilibrio, ovvero quel senso della misura che ti permette di raccontare senza volgarità un momento difficile della società contemporanea. La mia fortuna è stata anche quella di aver avuto al mio fianco dei colleghi attori meravigliosi, che hanno saputo mettersi al servizio della sceneggiatura, con serietà e professionalità”.
Verdone ci tiene a sottolineare che il tentativo fatto in questo film non è quello di raccontare l’Italia intera, ma quello di riflettere su una particolare problematica come quella delle “guerre” fra ex-coniugi: “Vorrei che, alla fine del film, qualche coppia riflettesse sulla inutilità del farsi la guerra, che va a discapito solo ed esclusivamente della serenità dei propri figli”. Allo stesso tempo, nonostante forse il film ci faccia credere il contrario, Verdone sottolinea il fatto che i personaggi femminili non sono le carnefici e gli uomini le vittime incomprese.
Ma è proprio alle nuove generazioni che va il “monito” e speranza del regista romano: “A mio parere questo film è anche un manifesto a favore dei giovani, ovvero coloro che, speriamo, ridiano vigore e vitalità a questo Paese così duramente colpito dalla crisi. Sono fermamente convinto che ci siano proprio loro i detentori di quella matura sensibilità che li porterà a realizzare grandi cose”.
Serena Guidoni